Sicilia ed evoluzione. Sul Darwin Day 2023 a Catania

di Giovanni Altadonna

Da quasi un secolo e mezzo, il giorno della nascita di Charles Darwin (12 febbraio) è un’occasione di dialogo e di confronto sui temi della laicità, del razionalismo e del pensiero scientifico. Tale ricorrenza, nota come Darwin Day, è celebrata ogni anno, in tutto il mondo, a partire dalla prima decade di febbraio e sino alla fine di marzo, tramite conferenze, giornate di studio e seminari a carattere prettamente divulgativo, allo scopo di promuovere non solo la conoscenza della teoria dell’evoluzione ma anche, più in generale, la sensibilizzazione verso la ricerca scientifica e la libertà di pensiero. Sebbene si tratti di una commemorazione sorta nell’ambito della cultura anglosassone, decine di iniziative analoghe sono programmate annualmente anche in Italia. Molti degli appuntamenti italiani legati al Darwin Day sono a cura dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), che dal 2003 si avvale di tali incontri per favorire la valorizzazione del pensiero razionale e del metodo scientifico, oltreché per stimolare l’attenzione della società verso i temi della libertà di espressione e di coscienza, della laicità dello Stato e dell’uguaglianza dei cittadini.

Il 18 marzo scorso, il Circolo UAAR di Catania ha coordinato il locale appuntamento del Darwin Day 2023, dal titolo: Sicilia teatro dell’evoluzione. Nei locali della misconosciuta “Città della Scienza” universitaria, sita a pochi passi dalla Stazione Centrale, diversi interventi si sono alternati al fine di fare chiarezza su alcune delle domande più frequenti a proposito della teoria di Darwin: l’evoluzione è un fatto o solo una teoria? Quali sono i meccanismi che operano nell’evoluzione? Perché parlare di evoluzione in Sicilia?

Dopo l’introduzione ai lavori e la presentazione delle attività dell’UAAR da parte di membri del locale circolo etneo, il numeroso pubblico ha potuto usufruire di una sintetica ma esaustiva Introduzione all’evoluzionismo a cura della Prof.ssa Bianca Maria Lombardo, zoologa e docente di Evoluzione biologica al Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Ateneo catanese. Dando prova della sua consolidata esperienza nell’ambito della Didattica, la Prof.ssa Lombardo ha riassunto con linguaggio accessibile ai più i fondamenti della teoria darwiniana. In via preliminare ne è stata enfatizzata l’importanza per la comprensione dell’origine (e dunque per la tutela) della biodiversità (la quale va intesa in senso plurale: a livello genetico, di specie e di popolazioni). Ampia attenzione è stata riservata alle implicazioni dell’evoluzionismo darwiniano per il mutamento epistemologico del concetto di specie da una nozione tipologica a una popolazionale. La problematicità della definizione di specie biologica è stata altresì sottolineata in riferimento ai limiti dell’approccio morfologico da un lato e di quello biologico dall’altro. In relazione al riassunto che della teoria di Darwin approntò Ernst Mayr, la Prof.ssa Lombardo ha spiegato i concetti di variazione, selezione, sopravvivenza differenziale e i meccanismi non selettivi che operano nell’evoluzione (come la deriva genetica); contestualizzando storicamente l’origine della teoria dell’evoluzione (termine a cui Darwin preferiva, come ricordato opportunamente, “discendenza con modificazioni”) e citando i successivi sviluppi della Sintesi Moderna. In conclusione, la Prof.ssa Lombardo ha risposto a uno dei quesiti di apertura: l’evoluzione è un fenomeno, ma è anche una teoria scientifica; in quanto tale, falsificabile e suscettibile di dibattito, ma al contempo verificata da una quantità di evidenze e di dati convergenti tale da poterla ritenere come la spiegazione più ragionevole e più esaustiva dei complessi fenomeni biologici che riguardano ognuno di noi: dalla diversità delle specie viventi alla resistenza agli antibiotici, dalle malattie genetiche alla diffusione di una pandemia.

Il secondo intervento, Genetica motore dell’evoluzione: perché è importante conoscere il profilo genetico dei siciliani, si congiunge al primo senza soluzione di continuità. La prolusione della Prof.ssa Cinzia Di Pietro, docente di Biologia applicata presso il Dipartimento di Scienze Biomediche UniCt, è stata infatti dedicata alle radici microbiologiche dell’evoluzione. Essa è stata articolata in due parti. La prima, più generale, incentrata sui fondamenti della biologia cellulare e della genetica e, ovviamente, sulle mutazioni: ovvero le variazioni della sequenza di DNA, che sono la “materia prima” dell’evoluzione. Su di esse la selezione naturale opera come un vaglio, scartando quelle dannose e mantenendo quelle indifferenti o vantaggiose. Infatti, se una mutazione comporta vantaggi per l’individuo in termini di fitness, essa si conserva e si diffonde nella popolazione per via riproduttiva. Questo meccanismo non spiega solo la speciazione, ma anche fenomeni microevolutivi di interesse medico come, ad esempio, la maggiore diffusione di forme di anemia (come la talassemia e l’anemia falciforme) in popolazioni umane viventi in regioni del mondo dove la malaria è (o era) endemica: queste patologie ereditarie del sangue offrono infatti maggiore protezione contro la malattia. Appare chiaro che quanto maggiore è la variabilità genetica di una popolazione, tanto più tale popolazione sarà suscettibile di resistere ad alterazioni ambientali (di qualunque tipo: climatiche, sanitarie, etc.), in quanto un medesimo agente (potenzialmente distruttivo), incontrando una pluralità di organismi diversi, troverà qualcuno più resistente di altri. Ciò può aiutarci a capire (e qui inizia la seconda parte dell’intervento) perché studiare il profilo genetico dei siciliani sia importante: non si tratta di mero interesse accademico, ma di capire se e come la mescolanza genetica di varie popolazioni umane viventi nel corso dei secoli in Sicilia, unita alla condizione di insularità, possa aiutarci a far fronte a nuove patologie. Medicina ed evoluzione costituiscono un binomio dagli sviluppi di vasta portata: basti citare la “medicina darwiniana”, la quale si avvale della prospettiva evolutiva per identificare l’origine filogenetica delle patologie umane (molte delle quali pressoché uniche, essendo legate all’anomalo sviluppo cerebrale – è il caso delle malattie mentali), nonché per progettare adeguate strategie di risposta ai batteri resistenti agli antibiotici (a loro volta frutto di una selezione involontaria da parte di Homo sapiens).

Il terzo intervento, a cura del Dott. Pietro Lo Cascio, ha avuto per oggetto: Perché le isole piacciono agli evoluzionisti? In qualità di esperto di conservazione e valutazione della biodiversità negli ecosistemi delle isole, fondatore e coordinatore delle attività di ricerca dell’Associazione “Nesos”, egli ha messo a disposizione dell’uditorio le proprie conoscenze di naturalista poliedrico per un rapido e interessantissimo excursus sul ruolo ricoperto dagli ambienti insulari come “laboratori a cielo aperto di biodiversità”. Dati alla mano, pur costituendo appena il 5% del totale delle terre emerse, tutte le isole del mondo messe insieme ospitano il 19% degli uccelli, il 17% delle piante vascolari… e il 27% delle lingue; a conferma della complessa affinità che lega evoluzione biologica ed evoluzione culturale. Le isole ospitano dunque ecosistemi eccezionalmente ricchi, ma anche straordinariamente fragili: si stima che il 61% delle specie estinte in tempi recenti siano specie insulari, e che il 37% delle specie insulari sia a rischio. Le isole oceaniche e gli arcipelaghi, com’è noto, sono all’origine della stessa teoria dell’evoluzione: Darwin, nel suo viaggio intorno al mondo, fece tappa su numerose isole e arcipelaghi. A ciò si lega quello che (non si insisterà mai abbastanza) è un mito duro a morire: secondo la vulgata, Darwin avrebbe riconosciuto con attente osservazioni sul campo le differenze fra le varie specie di fringuelli che popolano le Galapagos, cominciando a intuire i meccanismi della speciazione già durante il viaggio del Beagle. Tale interpretazione induttivistica, peraltro, al pari della “teoria dell’Eureka” (secondo cui la creatività dello scienziato risiederebbe in collegamenti concettuali improvvisi e geniali), costituisce un modello narrativo diffuso, ma parziale, nella storia della scienza[1]. Fra i pregi della dissertazione del Dott. Lo Cascio, va citata la smentita di tale leggenda storiografica: che Darwin fosse, all’epoca, ancora aderente ad un pensiero creazionista e conseguentemente a una nozione tipologica di specie è provato dal fatto che egli raccolse pochissimi esemplari, senza annotarne la provenienza precisa (piuttosto che lunghe serie al fine di studiarne la variabilità, come ci si dovrebbe attendere in una prospettiva evoluzionistica). Solo in un secondo momento l’ornitologo John Gould, esaminati gli esemplari di Darwin nel frattempo spediti a Londra, ebbe modo di confermare che si trattava di specie differenti[2]. Oggi sappiamo che i processi macroevolutivi nelle isole possono essere relativamente rapidi: la “radiazione adattativa” delle quindici specie di fringuelli delle Galapagos sarebbe avvenuta a partire da un antenato comune vissuto non più di 900.000-700.000 anni fa.

Ma le isole sono storicamente legate alla teoria dell’evoluzione anche in quanto stimolarono la riflessione e costituirono il teatro delle avventure di un altro grande naturalista inglese, “l’uomo che gettò nel panico Darwin”, secondo una felice definizione di Federico Focher[3]: Alfred Russel Wallace. Egli giunse a formulare una teoria dell’evoluzione per selezione naturale molto simile a quella di Darwin, ma in maniera autonoma, sulla base delle sue osservazioni sulla fauna delle isole della Sonda. La famosa vicenda condusse alla comunicazione congiunta di Darwin e Wallace del 1858 alla Linnean Society. L’ultima parte della relazione del Dott. Lo Cascio si è concentrata sulle dinamiche di colonizzazione biotica in corso da circa sessant’anni nell’isola vulcanica di Surtsey, sorta nel 1963 al largo della costa meridionale dell’Islanda. L’interesse suscitato da tali argomenti è stato testimoniato da numerosi interventi da parte del pubblico.

La prolusione della Prof.ssa Carolina Di Patti (Geologa e Conservatrice del Museo Geologico “G.G. Gemmellaro” di Palermo), avente per tema Le tracce dell’evoluzione in Sicilia: reperti, esposizioni e siti che sono prova dell’evoluzione, ha approfondito le testimonianze paleontologiche dell’evoluzione in Sicilia, con particolare riferimento ai vertebrati del Pleistocene. È stato osservato come fin dall’età antica i fenomeni geologici dell’Isola (vulcani, terremoti, grotte, sorgenti idrotermali, etc.) abbiano sollecitato la curiosità dei popoli mediterranei, ispirando spiegazioni pre-scientifiche o mitologiche sulla loro origine. Ciò vale anche per i fossili: dai denti di squalo (le cosiddette “glossipetrae”) interpretati come lingue di serpente pietrificate o semplice lusus naturae (scherzo di natura) ai crani di elefanti nani scambiati per crani di Ciclopi, fino alle costole di cetacei e pachidermi viste come ossa di giganti antropomorfi. Sebbene già Leonardo da Vinci e Agostino Scilla, rispettivamente nel XV e XVII secolo, avessero compreso la vera natura dei fossili, la paleontologia moderna sorge anche attraverso il contributo dei geologi James Hutton e Charles Lyell. In particolare, Lyell ebbe enorme influenza su Darwin, fornendogli un modello epistemologico (quello dell’uniformitarismo) a cui si deve il marcato gradualismo della teoria evolutiva originaria. Ma Lyell è anche un personaggio della storia della scienza siciliana, essendo stato in corrispondenza con i fratelli Mario e Carlo Gemmellaro e da questi ospitato, al pari di altri geologi europei, nella loro “Casa degli Inglesi”, a tutti gli effetti un osservatorio vulcanologico etneo ante litteram. Una prova ulteriore di come la Sicilia del XIX secolo partecipasse alla formazione della scienza moderna sta nel fatto che, mentre Darwin si preparava a salpare con il Beagle, il naturalista siciliano Antonino Bivona Bernardi segnalava la presenza di grandi ossa di vertebrati nelle grotte dei dintorni di Palermo. Parte di questi resti giunsero a Georges Cuvier, che ne confermò la natura fossile. All’interessantissima parte storiografica dell’intervento della Prof.ssa Di Patti, qui solo brevemente riassunto, è seguito un focus sui reperti fossili siciliani (con particolare enfasi sulla complessa storia evolutiva degli elefanti nani in Sicilia) e sui siti paleontologici più significativi (fra cui Alcamo, Monte Pellegrino, Grotta di San Teodoro e Spinagallo). La celebre citazione da Mark Twain, che ponendo in analogia il rapporto fra gli abissi del tempo profondo e la storia umana con la Tour Eiffel e lo strato di vernice che ne copre il pinnacolo costituisce una ironica beffa dell’antropocentrismo cosmologico, è stata una pertinente chiusura di questa dissertazione.

L’ultimo intervento del Darwin Day, su Pensiero critico e razionalismo scientifico. L’esempio di Darwin, che avrebbe dovuto essere tenuto dal Prof. Antonino De Cristofaro (Docente di Storia e filosofia presso il Liceo “E. Boggio Lera” di Catania), è stato affidato al Dott. Concetto Solano (socio UAAR Catania). È stato contestualizzato il ruolo di Darwin nell’ambito della più ampia corrente storico-culturale dell’evoluzionismo del XIX secolo, con le ripercussioni che essa ha avuto nell’ambito delle scienze sociali (etnologia, antropologia, sociologia), con la diffusione della fiducia positivistica nella trasformazione della realtà contro la metafisica tradizionale.

A chiusura dell’intera iniziativa, la lettura di uno scritto di Leonardo da Vinci – Desiderio di conoscenza e metodo – ha riproposto il tema della razionalità quale pretesto per ribadire l’importanza del pensiero autonomo e critico, nell’ambito strettamente teoretico come in quello etico e morale.

Il positivo riscontro dell’uditorio presente al Darwin Day 2023 di Catania mostra come tali iniziative possano suscitare un discreto interesse nel pubblico anche non accademico. Ciò ci induce ad augurarci che eventi del genere vengano riproposti in futuro… magari più di una volta l’anno.


[1] S.J. Gould, La via di mezzo di Darwin, in Id., Il pollice del panda (The Panda’s Thumb: More Reflections in Natural History, 1980), trad. di S. Cabib, Il Saggiatore, Milano 2016, pp. 55-64.

[2] Cfr. anche Id., Darwin in mare…e le virtù del porto, in Id., Il sorriso del fenicottero (The Flamingo’s Smile: Reflections in Natural History, 1985), trad. di L. Maldacea, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 218-287.

[3] F. Focher, L’uomo che gettò nel panico Darwin. La vita e le scoperte di Alfred Russel Wallace, Bollati Boringhieri, Torino 2006.